Foto & chiu assai (pics & more)
La Cappella Palatina
Un bagliore di luce che ti illumina gli occhi, una esplosione di oro dentro ad un ambiente raccolto che ti lascia senza parole: ecco cosa è per me la Cappella Palatina di Palermo, ovvero la cappella privata della famiglia reale normanna.
La cappella, infatti, è compresa nel plesso del Palazzo Reale dei Normanni, gli “Uomini del nord” provenienti dalla Normandia, che hanno dominato il meridione tra il primo e il secondo secolo degli anni 1000.
Durante la dinastia Normanna, Palermo si è arricchita di una serie di strutture cittadine che la rendono oggi così attrattiva e visitata dai turisti. Dal 2015 il Palazzo è diventato Patrimonio dell’Umanità Unesco.
​
Alla cappella si accede salendo da una delle scale del palazzo, dal porticato del primo piano della struttura. I visitatori sono accolti all'ingresso nella parte laterale della navata destra, posizione “strategica” per ammirare già dal primo passo la chiesa in una ampia visione di insieme, nei suoi mosaici tutti d’oro, nei tetti intagliati, nelle colonne e negli archetti che accompagnano le geometrie strutturali in una danza regolare che addolcisce il campo visivo dentro ad un sfondo così ricco di colore e dettagli.
Una volta entrati e andando sulla destra, ci si avvicina alla parte dell’altare e subito lo sguardo volge verso l’alto, in direzione dell'abside centrale e della cupola, anche queste dorate e dominate dalla figura del Cristo Pantocratore, nella tipica rappresentazione con la mano destra alzata e benedicente.
E con l’osservazione di questo “angolo” maestoso che comincia per lo spettatore un viaggio verso delle culture così lontane eppure così vive e presenti davanti agli occhi.
Non descriverò particolari della cappella o parti dell’edificio così come si potrebbe trovare in un libro di storia dell’arte o in una guida sulle ricchezze di Palermo: vorrei piuttosto trasmettere a chi legge un punto di vista personale ed emozionale, di una visitatrice locale che riscopre qualcosa di nuovo ad ogni visita.
​
Per quanto ogni dettaglio della cappella sia unico e carico di significato, quello che mi colpisce veramente e che mi trasmette quella sensazione di meraviglia tipica di ogni ingresso, è il panorama complessivo generato dalla peculiarità distinta di ogni elemento: il dorato dei mosaici che tappezzano le pareti e le absidi, i pavimenti di marmo e le decorazioni di pietre preziose, il tetto lavorato con dei particolari intagli e le forme geometriche che compongono una trama di legno araba, le iscrizioni in greco e in latino, le scene rappresentate nei disegni che raccontano storie lontane. E per quanto tu possa fermarti per ammirare una parte, senti l’irrefrenabile richiamo dalle altre che ti circondano e che ti portano a girarti continuamente come se stessi danzando. Non significa osservare distrattamente, non significa non avere cura del particolare: significa tornare più e più volte su uno stesso elemento decorativo e cercare un significato nuovo ad ogni sguardo; significa aprirsi ad una bellezza senza tempo, difficile da rintracciare nella quotidianità delle nostre vite frenetiche; significa lasciarsi trasportare da una storia che si fa viva davanti a noi e che ci racconta della cura e della dedizione dei nostri antenati verso l’arricchimento dei loro luoghi di vita.
E allora, quando sei arrivato alla navata sinistra e ti accingi ad uscire, nuove domande senti nascere dentro di te e il desiderio di guardare ancora quel bagliore dorato che ti lasci alle spalle si trasforma nella certezza del ritorno.