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Il Porto di Palermo

Un semicerchio bianco e blu, che percorri con lo sguardo sempre rivolto all’orizzonte, con la luce che trapassa le barche e le vele, dove il suono delle onde lieve e dei gabbiani che volano sull’acqua solitari, assorbe il frastuono della città.

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Un semicerchio immobile, che non cambia. Cambiano le barche, cambiano le persone che vi passano davanti, ma lui no. La sua accoglienza non cambia, c’è sempre posto per un’altra nave.

Un porto vivo, sempre pieno di gente, di locali che popolano la banchina. Con il mare che ti chiama e il vento che ti accarezza i capelli, la salsedine che rende un po’ scivoloso il pavimento.

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E la città che vibra dall’altro lato, con la scalinata della Chiesa della Catena, con il murales di Falcone e Borsellino che ridono, mentre la gente cammina confortata da questa bellezza e dal tempo che scorre lento.

Lento, lento…

 

Noi siciliani veniamo spesso criticati per la nostra “lentezza”, ma provateci voi a fare le cose di corsa con un panorama che ti invoglia alla contemplazione.

Provateci voi ad andare veloce davanti a questa bellezza. Provateci voi a sentirvi così superbi da resistere al suo fascino, a non fermarvi ad ammirarlo il mare che c’è ad ogni angolo della città e mai ti stanca, mai ti annoia nelle sue pacatezza e inamovibilità, nonostante le onde siano sempre in movimento, sempre diverse, nonostante ci sia la vita tra quella sabbia, nonostante il sole irradia l’acqua dando vita a delle sfumature di blu che si perdono davanti ad un tramonto, davanti a un peschereccio che rientra con la rete piena.

Provateci a fare confusione, provateci a ridere, a piangere.

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Il mare assorbe tutto, le vele pendolano sulle onde, ma alla fine ritornano su, anche con la mareggiata e il vento forte.

07.06.20

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